Aneddoti ed episodi particolari.


Sin dal primo giorno che Don Vincenzino fu catapultato nella Parrocchia “San Francesco di Paola” di Linguaglossa, forte della sua vocazione sacerdotale, cominciò a mettere in pratica ciò che aveva acquisito negli studi teologici.

Certo, le occasioni non gli mancarono: da subito dovette esercitare il suo ministero con la gioia del servizio al  debilitato, piuttosto che vecchio, Parroco Don Carmelo Puglia.

Diceva Don Vincenzino: “Vivere per quei primi anni accanto a Don Puglia, sfiancato per il lungo esilio subito a causa delle sue dichiarazioni contro il male primo degli uomini di tutti i tempi, la guerra, è stato per me importante e fondamentale per il proseguo del mio ministero.

Consigliarmi con Lui, seguire le sue direttive, affidarmi a Lui nella direzione spirituale e, nel contempo, essere il Suo confessore.

Da parte mia la più delicata attenzione di un giovane sacerdote che subentra al vecchio prete che non è assolutamente il moderno che soppianta l’antico, anzi, collabora, si integra, ne segue le linee generali, certo, arricchisce il tutto mettendoci del suo … ma l'avvio di una nuova era scaturisce senz'altro da quel connubio di idee che da sempre in ogni contesto familiare – e la Parrocchia è una grande famiglia – ha caratterizzato la storia del mondo: la saggezza del padre e l’intraprendenza del figlio!"

Nelle foto: un insolito Don Vincenzino



Anni 50/60 - "Religione" anche alle Scuole elementari.

Don Vincenzino ha sempre avuto un’attenzione particolare per il mondo della scuola, prendendo alla lettera la pedagogia di Maria Montessori “Il bambino è un corpo che cresce e un’anima che si svolge”.

È da lì, proprio partendo dalla scuola, diceva Don Vicenzino, che posso creare davvero un filo diretto fra la Parrocchia e i bambini e, tramite questi, con i genitori e tutto il resto della famiglia. Con la catechesi ai bambini e ragazzi, si aprono davvero le porte per la catechesi agli adulti.

Quando negli anni 50/60 il Dr. Milana dirigeva le Scuole elementari di Linguaglossa, Don Vincenzino aveva pensato di andare a chiedergli la possibilità di poter incontrare saltuariamente, in accordo con gli insegnanti, i bambini direttamente nelle classi: il Concordato, infatti, prevedeva sistematiche lezioni di “Religione” solamente nelle scuole medie dove, fra l'altro, è stato insegnante fino alla prima mettà degli anni '90.

Il primo incontro in Direzione fu fallimentare: il Dr. Milana si irrigidì a tal punto da “proibire” categoricamente a Don Vincenzino il suo ingresso nelle classi!

Don Vincenzino, però, non si perdette d’animo. Fece passare qualche settimana e dopo iniziò, in maniera periodica, a far delle visite al Dr. Milana presso la Direzione: d’altra parte gli era stato proibito di entrare nelle classi, non a scuola!

Il Dr. Milana all’inizio lo accoglieva freddamente, mostrandosi piuttosto indaffarato o impegnato in chissà quale pseudo attività, qualche volta si fece negare, ma poi, lentamente iniziò a conoscere e ad apprezzare meglio quel giovane sacerdote, che forse lo importunava, ma che in fondo anche lui perseguiva degli obiettivi formativi per gli stessi bambini/scolari: dal successivo anno scolastico gli lasciò, allora, campo libero.

“Patri Di Mauro", gli disse il dr. Milana, "lei, d'ora in poi, po’ trasiri e nesciri di sta scola tutti i voti ca voli”.

Anche nella scuola media Don Vincenzino fece molto bene, interagendo in maniera ottimale con tutti i consigli di classe. Questa, nello spirito della scuola di Barbiana, la sua posizione nei confronti dei ragazzi difficili: “Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. É un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.

Si rese anche anche disponibile nell’accompagnare i ragazzi nelle uscite didattiche, anche per gite a lungo raggio (Roma, Napoli, …).

Della gita a Roma, raccontava spesso uno spiacevole episodio relativo al furto di un portafogli al collega mentre la comitiva stava salendo in treno. “Avevamo il denaro del fondo-cassa consegnatoci dai genitori per i loro figli. Dio volle che lo prendessi in consegna io. Salendo in treno abbiamo fatto barriera con gli altri passeggeri per far salire tutti gli alunni. Dopodiché siamo saliti noi pressati dagli altri passeggeri che, anche loro, fremevano per salire sul treno. Ricordo solo che il collega, ancora al secondo scalino, disse ad alta voce, di stare calmi e di non spingere!

Dopo qualche minuto, col treno già in movimento, guardando fuori dai finestrini ci accorgemmo che alcuni passeggeri, che evidentemente passeggeri non erano e che dapprima erano in attesa davanti allo sportello del treno, non erano saliti: pensammo a dei parenti.

Sistemati tutti i ragazzi nelle cabine, il collega, appena stava per sedersi, si accorse di non avere più nella retro-tasca dei pantaloni il proprio portafogli, che tuttavia conteneva solamente qualche spicciolo e il documento di riconoscimento.

Chi sospettare. Le persone rimaste in stazione, qualche passeggero salito sul treno, la perdita accidentale … ringraziamo il Signore, piuttosto, che il fondo-cassa fosse salvo! Così rincuorai il collega che rassegnandosi denunciò lo smarrimento del documento al capotreno. Il resto della gita andò bene".


1952 - Lettura del territorio.

Appena arrivato a Linguaglossa, pur essendo il suo paese, Don Vincenzino ha dovuto attentamente scrutare e rileggere le esigenze del territorio poiché era stato, a condurre intensa vita da seminarista, ad Acireale per tutto il tempo della formazione e degli studi.

Da buon prete “vecchio stampo”, così verrà definito dai suoi parrocchiani nel senso affettivo del termine per la maniera in cui interpreterà il suo ministero sacerdotale, Don Vincenzino rivolse subito il suo sguardo agli anziani, ai malati e agli ultimi, non dimenticando i giovani e i bambini e, tramite questi ultimi, che certamente ultimi non sono, poté ovviamente portare la sua opera pastorale in quasi tutte le famiglie.

Di una persona in particolare Don Vincenzino però si era subito informato: Egidio Boemi, che divenne in pratica la sua prima scommessa vincente!

Ggiddiu Pirri, così come tutti lo chiamavano nel quartiere – d’altra parte Linguaglossa, come tanti altri paesini, riconosceva i propri figli più con i soprannomi che con i nomi propri – se ne stava spesso seduto lì, sulla panchina di fronte alla Chiesa parrocchiale, senza fare nulla … e magari qualche ragazzino, passando, lo insultava! 

Egidio era una persona sempliciotta, non aveva il dono dell’articolazione vocale, era un po’ trasandato e conduceva vita isolata.

 

Di lui si prendeva cura la sorella Pippina con la quale viveva.

 

Sembrava fosse del tutto incapace di poter assumere un qualsiasi ruolo per la collettività.

Don Vincenzino, vedendo lontano, cercò da subito di farlo entrare in Chiesa e nell’arco di qualche settimana, raccomandando a lui e alla sorella Pippina la massima accuratezza nella pulizia personale e nell’abbigliamento, lo cominciò ad introdurre nelle mansioni di sacrestano.

Egidio sembrava gradire la cosa!

La sorella Peppina, “donna cattolica”, che intanto era impegnata in prima persona in Parrocchia con l’incarico della divulgazione della stampa cristiana (il settimanale “Famiglia Cristiana”), anche.

Man mano che passavano gli anni Egidio Boemi diventava sempre più efficiente: aveva il suo mazzo di chiavi (sia per aprire la Chiesa “San Francesco” che la Chiesa “SS. Annunziata”), divideva i foglietti della Messa, sistemava le offerte (Calice, Ampolline, Pisside), suonava le campane … spesso la sorella Pippina lo mandava a consegnare il settimanale ”Famiglia Cristiana”, cosa, per lui, impensabile prima.

Egidio era ormai diventato il sacrestano della Parrocchia “San Francesco”, riusciva anche ad articolare qualche parola o, comunque, si faceva capire. Certo, qualche mascalzoncello, anche fra i chierichetti, sempre c’era che cercava di prenderlo in giro! Ma lui, Egidio, contento del suo impegno, restava imperterrito lì, sempre al suo posto.

Lo ricordo, quando ancora non ne era in possesso, venire a casa mia in via P. Scuderi (sopra abitavamo noi e sotto mio zio Don Vincenzino) a prendere le chiavi per aprire la Chiesa alle 7 del mattino, appena arrivato all’angolo della Pretura (oggi Biblioteca comunale) venendo dalla sua casa di via Regina Margherita, cominciava a chiamare a voce alta mia mamma Maria: “Ma-ìa, Ma-ìa”.

C’era, infatti, con mia mamma, un tacito accordo e lei, già alzata per le proprie incombenze di famiglia, prima ancora che Egidio Boemi arrivasse a suonare il citofono, si faceva trovare davanti al portone con le chiavi in mano.

Ovviamente, mia mamma era pronta a ripetergli a gesti e parole, ogni volta, che non doveva gridare così forte, tanto meno a quell’ora del mattino … ma lui, puntualmente in maniera ingenua e spontanea, la volta successiva rifaceva esattamente la stessa cosa!

Egidio Di Mauro


Dal 1952 - Le gite parrocchiali.

Tra le altre attività che Don Vincenzino ha sempre attenzionato, ci sono senz’altro i pellegrinaggi e le gite parrocchiali in pullman: Paola, Tindari (con l’immancabile traghettata a Villa San Giovanni), Siracusa, Lipari, S. Giovanni La Punta (Venerabile Lucia Mangano), Vena (a piedi con il tradizionale pic-nic dell’A.C.), Roma, ecc. …

Per rivivere questa atmosfera, oltre all’immancabile effetto/pellegrinaggio con la recita del Santo Rosario, basta pensare all’immancabile repertorio canoro del quale facevano parte "Camminiamo sulla strada" oppure, specie per i pellegrinaggi mariani, i canti “O Maria quanto sei bella”, “Mira il tuo popolo” e, al ritorno, “Ti salutiamo o Vergine”.

Poi, sempre presenti, era la volta di “Montagne verdi” di Marcella Bella (dal 1972 in poi), “Quel mazzolin di fiori” anonimo del XIX secolo e finalmente di “In mezzo al mare” canto popolare anonimo.

Ecco alcune strofe di quest'ultimo:

In mezzo al mare

1) In mezzo al mare -Evviva il mar!

C'è una barchetta -Evviva il mar!

È la casetta del marinar -Evviva il mar!

 

Rit.:  Evviva il mar del marinar,

del marinar!       (2 volte)

 

2) In mezzo al mare

c'è un bastimento.

È il tormento del marinar.

3) In mezzo al mare

c'è una colonna.

È la Madonna del marinar.



1953 - Donna Francisca: una madre con la stessa attenzione di mamma Margherita di Don Bosco.

Una fredda e piovosa sera d’inverno, dopo cena, già Parroco in “San Francesco”, suonano al portone di casa.

Lui, da Sacerdote, abitava con i propri genitori e, dopo con la famiglia del fratello Salvatore (fino al 1999, l’anno della scomparsa di quest’ultimo), in via P. Scuderi a Linguaglossa. Dal 1999, infatti, è andato ad abitare in canonica.

 

A suonare alla porta era un parrocchiano che era corso a chiamare Don Vincenzino per chiedere l’Estrema Unzione per il proprio padre improvvisamente aggravatosi e in fin di vita.

Don Vincenzino si rese senza indugio disponibile: “il tempo di cambiarmi e arrivo subito, rispose”. Era, infatti, molto tardi ed era già andato a letto. Il parrocchiano intanto, preoccupato per la salute del proprio caro, fece immediato ritorno a casa.

La mamma Francesca, a letto anche lei, aveva sentito tutto e, immaginando che Don Vincenzino sarebbe andato a piedi da solo, col maltempo e in quell’ora così tarda, si fece trovare davanti al portone per accompagnarlo.

Dopo un piccolo battibecco, i due si incamminarono comunque a piedi insieme verso la casa del parrocchiano.

Racconta Don Vincenzino.

“Quella notte non parlammo più dell'accaduto, ma, al ritorno, mamma Francesca mi disse: non fu megghiu accussì? Unni ava iri ennu, sulu, cu stu friddu, stu scuro e stu malutempu!  Ci siamo augurati la buona notte e ci siamo ritirati ognuno nelle nostre stanze.   Io, in cuor mio, ero molto grato a mia mamma”.


1954 - Lo sposo con le scarpe bucate.

Negli anni ’50 i matrimoni erano celebrati e festeggiati in maniera molto più semplice di adesso.

Uno dei primi matrimoni che ebbe a celebrare Don Vincenzino fu per una coppia linguaglossese la cui funzione gli rimase così impressa per un particolare aneddoto fino a quando, a distanza di anni, riuscì a farsi dire la motivazione dallo stesso sposo.

Fino al giorno prima del matrimonio il giovane sposo era sempre stato a posto con le gambe e le ginocchia … il giorno del matrimonio, invece, arrivati al momento della Consacrazione, Don Vincenzino fece cenno agli sposi, posizionati davanti all’altare, di inginocchiarsi: la sposa seguì subito le sue indicazioni mentre lo sposo no! Da sopra l'altare ne seguì, per qualche attimo, una piccola scaramucce mimica, ma alla fine lo sposo fece cenno che non poteva inginocchiarsi poiché aveva male al ginocchio e rimase in piedi, inchinando solamente il capo.

Dopo qualche anno finalmente Don Vincenzino riuscì a farsi dire la verità: lo sposo non aveva potuto comprarsi le scarpe nuove. Le aveva lucidate per bene, ma di sotto erano bucate!


1955 - Un furto all'oro/votivo di Sant'Alfio “rientrato”.

Nel 1952, l'anno dell'ordinazione sacerdotale di Don Vincenzo, la sua collana del Battesimo (con Crocifisso e Medaglietta) venne donata a Sant'Alfio venerato nella Parrocchia "San Francesco".

Qualche anno dopo, durante il triduo del Santo (7, 8 e 9 maggio), quando la piccola "stola" dell'oro dei devoti viene messa al braccio della statua, fra una Funzione e l'altra, don Vincenzino si accorge che la statua aveva qualcosa di strano: dalla stola era stato strappato una parte dell'oro e, in questa parte mancante c'era anche la sua collana.

Subito si cercò di correre ai ripari: vennero chiamati tutti i membri della Commissione, si fece il punto della situazione ... ma restò solo di fare la denuncia in caserma!

Dopo circa una settimana, nella cassetta delle offerte della Parrocchia, Don Vincenzino trovò degli oggetti d'oro e, fra questi, la sua collana, che ovviamente ritornarono a far parte dei doni al Santo ... ed oggi la collana è ancora lì.


1968 - Il terremoto della Valle del Belice.

Quando nella notte tra la domenica 14 e il lunedì 15 gennaio del 1968 ci fu il disastroso terremoto (8°-9° grado scala Mercalli) nella Valle del Belice che colpì una ventina di Comuni della Sicilia occidentale comprendente il territorio di Trapani, Agrigento e Palermo e, in particolar modo, Montevago, Gibellina, Salaparuta e Poggioreale, Don Vincenzino coinvolse la sua Parrocchia “San Francesco di Paola” per una immediata raccolta di generi di primo soccorso.

Si raccolsero indumenti di vario genere, tegami e padelle, picconi e pale per scavare, tende, coperte, viveri, bevande, scaldini, cerotti, ecc. …

Come farli pervenire nelle zone terremotate era un problema. Si decise allora di partire con le proprie auto, anche perché il tutto serviva lì e subito.

Ecco allora che, in men che non si dica (passa meno di una settimana), diversi parrocchiani mettono a disposizione le proprie auto e, con in testa la FIAT-850 del Parroco, parte questa colonna di auto alla volta delle zone terremotate.

Partenza: ore 03:30 del mattino. Il tragitto, non esisteva ancora la Catania/Palermo, fu inframezzato da diverse circostanze e situazioni difficili oltre che imprevedibili: ad un certo punto la colonna di auto, non si sa come, si ritrovò divisa in due tronconi ed ognuno non sapeva dove fosse l’altro, non c’erano ovviamente i cellulari! Fatto sta che le due colonne di auto alla fine arrivarono in due paesi diversi: a Gibellina e a Salaparuta.

Arrivati, comunque, sul posto viene subito notata una evidente mancanza di coordinamento sulla distribuzione degli aiuti (alimentari e non) che arrivavano da tutta Italia.

“Ho dato personalmente delle coperte e qualcosa da mangiare ad una piccola pattuglia di soldati dell’esercito italiano … erano al freddo, sfiniti per il lavoro svolto e morti di fame anche loro. Erano poco più che dei ragazzi e ci hanno ringraziato enormemente”. Anche fra le forze dell’ordine, purtroppo, ci furono alla fine dei deceduti: 5 agenti di polizia, un carabiniere e 4 vigili del fuoco. ... "Un mare di pietre sfregiate e di gesso rivoltato” … “Uno scenario da bomba atomica” … “La pioggia aveva ridotto tutta la zona ad un acquitrino nel quale si affondava fino alle caviglie” … “Ora, forse, so come descrivere l’inferno”

Queste alcune delle frasi dei parrocchiani al ritorno dalle zone terremotate.

E proprio da queste frasi, dopo aver dedicato un lungo momento di preghiera per tutte le vittime del terremoto, Don Vincenzino cominciò la sua omelia nelle Sante Messe della domenica successiva: un modo di fare pastorale in maniera davvero esperienziale.                    ________________________

-1) A testimonianza di ciò, così lo storico e fotoreporter linguaglossese Tonino Cavallaro:
"Ricordo perfettamente quei giorni e il gran da fare che c'era in Parrocchia: noi ragazzi a cercare viveri e tutto quello che poteva servire, tutto accatastato nella sacrestia e nel saloncino".
-2) Nell’agosto del 2018, proprio nell'anno del cinquantesimo anniversario del triste avvenimento, il Sindaco di Salaparuta Dr. Michele Saitta, letto l’episodio, telefona al nipote Egidio Di Mauro e inserisce un inserto sulla vicenda nella sua pagina ufficiale facebook.

1972 - L’affetto per la propria madre.

Nel dicembre del 1972, alla morte della propria madre, Don Vincenzino si avvicinò in lacrime al letto della salma esamine e, dopo un momento di preghiera silenziosa, si rivolse al fratello Salvatore chiedendogli di conservare una ciocca dei capelli della mamma Francesca. Quel “ricordo” fu conservato in una busta dietro al quadro del capezzale della stanza da letto.

 

La mattina del giorno del funerale pioveva a dirotto, ma nel pomeriggio, dalle ore 15:00 in poi, smise, dando la possibilità di poter celebrare serenamente il Rito funebre.

Diceva la signora Maria Damiano/Gullo al nipotino della signora Francesca, Egidio Di Mauro: "hai visto? La nonna per il tempo del suo funerale non ha fatto piovere! Sai, questa notte l’ho sognata. Lei era sorridente e molto agile e saltellando saliva dei gradini di una scala della quale io non ne vedevo la fine … sicuramente stava andando in Paradiso!"


1973 - Fautore della pace nelle famiglie.

Durante uno dei diversi viaggi di gruppo in Australia, c'erano, fra i partecipanti, due famiglie di "compari di San Giuvanni". Tale "parentado acquisito" era più che una semplice parentela: era la comparanza che nasceva per i testimoni di nozze o per aver battezzato o cresimato il figlio/a e, per allargare ancor di più tale vicinanza, per il battesimo c'era anche a "Patrozza/u di coppula o di fazzulettu".

Ebbene, queste due famiglie, purtroppo, erano "strariati" e "non si parraunu".

Avvenne, allora, che, dopo la prima tratta Catania/Roma, mentre si era in attesa di imbarcarsi per la lunga traversata Roma/Sydney, più di 16.000 Km per circa 20/22 ore di viaggio con ben due scali intermedi, una delle due comari cominciò ad agitarsi, a mescolare e rimescolare tutto ciò che c'era nella sua borsa ... e poi ancora a girare e rigirare carte, biglietti, fazzolettini e altro ancora! Prima si avvicinò uno, poi un altro, poi tutti i Parrocchiani con in testa Don Vincenzino: il passaporto, non trovo più il mio passaporto! Gridò la signora.

Ecco allora che a quel punto la comare, tenutasi artatamente in disparte – era stata, infatti, l’unica a non essersi avvicinata – si accostò a Don Vincenzino e gli fece notare che a terra, dietro la sedia della maldestra comare, c'era proprio il passaporto che, evidentemente, le era caduto dalla borsa.

Don Vincenzino non prese nessuna iniziativa ma, cogliendo al volo l’occasione, invitò caldamente la signora ad avvicinarsi lei stessa per aiutare la comare … e quel “virtuoso” gesto servì a far rappacificare le due famiglie.

 


1977 - Una notte insonne trascorsa nel saloncino parrocchiale.

Nella seconda metà degli anni ’70, Linguaglossa ed in particolare l’Azione Cattolica della Parrocchia “San Francesco” fu scossa da un avvenimento che, purtroppo, ha poi segnato la vita di un giovane linguaglossese e della relativa famiglia.

Corsi e ricorsi storici: anche allora come oggi ci si trovava al centro di una forte emigrazione da Linguaglossa. Tanti giovani cresciuti all’ombra della Parrocchia cominciarono, causa di forza maggiore, a lasciare i propri amici, i propri cari, i propri luoghi per recarsi lì dove almeno c’era una opportunità di lavoro. Ecco allora che anche Don Vincenzino si cimenta, con i propri giovani nella ricerca di soluzioni lavorative: nasce così, per esempio, la collaborazione con una ditta di Gallarate (MI).

Alcuni partono per il Nord Italia come insegnanti o come impiegati alle poste, alla ferrovia dello stato o in fabbrica, altri ancora abbracciano la carriera nelle forze dell’ordine, così come il giovane Nino che si arruola nella Polizia di Stato: purtroppo, sarà poi ferito durante un conflitto a fuoco mentre era in servizio.

… il pomeriggio di quel funesto quanto sfortunato giorno, uno alla volta, tutti i giovani di Azione Cattolica, e altri simpatizzanti, si radunarono via via nel saloncino parrocchiale della Chiesa “San Francesco”, a confrontarsi con Don Vincenzino sulle poche e confuse notizie che arrivavano dai notiziari radio e televisivi. Non era, quello, il tempo dei cellulari o di facebook, quindi le notizie arrivavano davvero in maniera centellinata!

Si rimase tutti insieme nel saloncino a sperare che tutto non fosse vero o che, quantomeno, non fosse così grave come poi purtroppo si rivelò; si rimase tutti insieme fino a notte fonda ad augurarsi il meglio per l’amico Nino; si rimase, forse, a pregare silenziosamente ognuno nel proprio intimo e qualcun altro, allo stesso modo, ad imprecare contro la sorte che a volte sa essere veramente malvagia. Ma su tutto e su tutti c’era la parola consolante e confortante di Don Vincenzino: siamo nelle mani del Signore!

 

Il Natale successivo all’accaduto, in uno dei giorni della Novena di Natale, alle ore 5:00 di mattina, Nino, già convalescente a casa, decise di venire a Messa nella sua Parrocchia, la Chiesa “San Francesco di Paola”, con la sua sedia a rotelle.

Quella mattina Nino era attorniato da tutti i suoi amici, fra i quali anche la sua fidanzata che diventerà poi sua moglie. Commovente il suo ingresso in Chiesa, attraverso quella "bussola" di colore avana che ora non c'è più, qualcuno non poté trattenere le lacrime. Don Vincenzino, ovviamente, dall’altare porse il suo saluto a quel giovane che sapeva anche volare, nel difendere la propria porta, da un palo ad un altro di un campo di calcio! … tutti si auguravano che potesse ritornare a farlo, in compagnia di Giuseppe e Luigi e ancora, di Carmelino, Egidio, Mario, Franco, Tano, Saro, Nardo, Pippo,  ecc.  ecc. …


1978 - Una Resurrezione travagliata con la statua del Cristo Risorto.

Fra i tempi forti di una Parrocchia ci sono da annoverare senz’altro le funzioni liturgiche di Pasqua e Natale.

Proprio in questi due periodi i giovani di Azione Cattolica sono da sempre impegnati in prima persona a preparare, fra le altre cose, tutto ciò che riguarda le relative veglie notturne: la notte di Pasqua e la notte di Natale.

Era il pomeriggio del sabato della Pasqua del 1978. Come ogni anno nella vigilia, dietro l’altare maggiore della Parrocchia “San Francesco”, si metteva a punto il meccanismo per simulare la Resurrezione della mezzanotte. La statua del Cristo Risorto doveva essere messa su una piccola piattaforma che poi, arrivato il momento, al canto del “Gloria”, doveva essere tirata su al crepitante suono della “troccula” o “tric trac”, con tanto di fumo, luci ed effetti sonori.

Diversi giovani dell’A.C., con a capo il Presidente Pippo Tornabene, erano lì a provare e riprovare il meccanismo, tarando bene la forza, accorciando o allungando la corda del contrappeso, provando a farlo risuscitare in maniera più o meno veloce … avevano solo dimenticato una cosa. Avevano dimenticato di ancorare la statua alla piattaforma del meccanismo!

Non alla prima, ma alla seconda prova la statua del Risorto, appena tirata su, partì in avanti a mo’ di super-man, scavalcando quasi l’altare e terminando la sua corsa adagiandosi, pancia in giù, sullo stesso altare, dondolando in perfetto equilibrio in avanti e indietro!

Bilancio finale: braccio rotto ma, miracolosamente, tutto il resto era rimasto intatto: il braccio, comunque, riuscirono a riattaccarlo in maniera provvisoria, in attesa di restaurarlo dopo Pasqua.

Cosa fare. Come in ogni “famiglia” ci si guarda un po’ tutti negli occhi e, quasi tacitamente, si decide per il momento di non dire niente a Don Vincenzino … tanto non si vedeva nulla!

Si riprova la Risurrezione un paio di volte ancora: tutto funziona e il braccio tiene! Anche a mezzanotte, con la Chiesa piena, tutto funziona. L’addetto al sollevamento confesserà, poi, tutto l'accaduto durante la pasquetta parrocchiale dell’indomani, Don Vincenzino presente e ammetterà anche che, durante il momento della Resurrezione, temeva per il braccio: “…e se al sollevamento della statua il braccio fosse partito per conto suo in avanti!”


Dagli anno '80 - L'amicizia con Nando Martellini.

Don Vincenzino, ancora piuttosto giovane, aveva avuto problemi di calcoli ai reni, per i quali era finito anche sotto i ferri. Gli avevano consigliato la cura dell’acqua di Fiuggi e lui, forse spaventato per un possibile ritorno all’operazione chirurgica, aveva preso l’invito alla lettera: ogni anno, in estate, espletato l’appuntamento con l’annuale convegno itinerante del 27 luglio con gli emigrati/immigrati, partiva per Fiuggi in compagnia, nell’ultimo ventennio, del Vescovo S. E. Mons. Malandrino.

A Fiuggi era sempre ospite dei Padri Cappuccini: un Convento dove si poteva rivivere la stessa atmosfera del Convento dei Cappuccini di Linguaglossa e dove, anche lì, si poteva pregare ai piedi di una statua dell’Immacolata.

E proprio in questo Convento, per più volte nell’arco degli anni, Don Vincenzino ha avuto modo di incontrare, conoscere ed apprezzare il famoso giornalista e cronista televisivo/sportivo Nando Martellini, annualmente a Fiuggi ospite dello stesso Convento e per lo stesso motivo della cura.

L’ultimo incontro è del 2003, proprio l’anno prima della morte di Martellini.

“Martellini", diceva Don Vincenzino, "era un uomo colto e di animo buono: pluri-laureato, conosceva ben 5 lingue e prima ancora di essere cronista sportivo, era stato in RAI, quando ancora si chiamava EIAR, redattore della politica estera e della cronaca italiana, con ruoli sempre importanti. Era stato telecronista ai funerali di Luigi Einaudi (secondo Presidente della Rep. Italiana) e poi di Papa Giovanni XXIII.

In campo sportivo era diventato popolare per la cronaca delle due importanti partite di calcio con la Germania ovest: la partita del secolo, la semifinale mondiale di Messico-'70  Italia - Germania ovest 4 - 3  e la finale mondiale di Spagna-'82  Italia - Germania ovest 3 - 1, col suo triplice grido «campioni del mondo».

"La stessa caratteristica voce che potevo sentire ogni volta che Nando Martellini leggeva le letture durante la Messa che celebravo nel Convento a Fiuggi".


1980 - Riflessioni sul Matrimonio.

Uno degli aspetti particolarmente curato da Don Vincenzino è stato quello dei Santi Sacramenti, tutti e sette in maniera indistinta, a partire dal Battesimo e, passando per la Confessione, Comunione, Cresima e Matrimonio, fino alla ricerca di Vocazioni sacerdotali e all’Unzione degli Infermi.

Il nipote Egidio Di Mauro, in quanto organista, essendo quasi sempre presente a tutti questi momenti, ho avuto modo di seguirlo nelle sue varie riflessioni.

Fra queste gli sono rimaste più impresse quelle sul matrimonio.

«Nel matrimonio bisogna volere non solo bene l’altra persona, ma bisogna volere e inseguire “Il Bene dell’altra persona".»

Questo uno dei pensieri più ricorrenti nelle omelie dei tanti matrimoni celebrati da Don Vincenzino.     E poi ancora.

«L’Amore, che sta alla base della fede in Cristo, deve essere la base anche della vostra vita coniugale. Non amare più: questo è l'inferno.

L’Amore quotidiano della coppia deve essere ispirato dall’Amore divino, l’emblema massimo della estrema donazione. Spesso nella vita avvengono cose che a noi non è dato sapere e che non possiamo comprendere: gli avvenimenti vari, la morte, l’amore, la fede stessa …

Volete/volevate bene i vostri genitori? Quanto? … Certamente tanto, tantissimo!    Bene, dimostratelo: certo, è difficile. Non è facile trovare le giuste parole e, forse, non troverete mai quelle adatte o che più si avvicinano a tale dimostrazione, ma intanto questo Amore c'è, esiste!

Alla stessa maniera non abbiamo i mezzi per dimostrare la nostra fede e l'Amore di Dio nostro Padre. Ma è proprio questo l'Amore di cui avete bisogno per creare e corroborare sempre di più, giorno dopo giorno, la vostra nuova famiglia.»


1985 - L'Angelo Custode della Parrocchia.

La vita di un Prete è sempre intrecciata a quella della sua Parrocchia, del suo popolo. È fatta di continua e quotidiana disponibilità all'ascolto, all'aiuto, alla compagnia, al soccorso, alla preghiera, all'annuncio della Parola di Dio, al Vangelo, sempre e ogni giorno.

Così Don Vincenzino ha interpretato il suo mandato nelle Parrocchie di Linguaglossa.

Diceva, inoltre, "Così come c'è un Angelo custode per ognuno di noi, alla stessa maniera c'è anche un Angelo custode per la Parrocchia: ogni mattina recito un Angelo di Dio per la Parrocchia e i suoi parrocchiani". 

Ecco due dei tanti episodi che lui usava raccontarmi:

Una mattina ero andato a trovarlo in Chiesa "San Francesco": lui, seduto sul primo banco pregava senza "Breviario".

Non trovo gli occhiali, mi disse ... ma ho pregato tanto l'Angelo custode della Parrocchia affinchè me li faccia ritrovare al più presto.

Quando ci siamo incontrati dopo qualche giorno, l'ho rivisto con gli occhiali. Lui non ricordava quasi l'accaduto, ma, dopo qualche mio accenno, mi disse che la mattina seguente aveva ritrovato gli occhiali sul comodino.

Ampio, quindi, il suo tempo dato alla preghiera. “Il desiderio della preghiera è già una preghiera” usava spesso dire. Chi andava a cercarlo in Chiesa, infatti, era solito trovarlo seduto in meditazione o in semplice lettura ma, comunque, subito disponibile per una chiacchierata o per la santa confessione.

Un Padre spirituale, quindi, che è riuscito a seguire, a dir poco, ben quattro generazioni di linguaglossesi attraverso i vari Sacramenti e tutte le altre attività parrocchiali connesse, spirituali e non.

L'altro episodio riguarda uno dei viaggi in Australia.

Era l'estate del 1977. 

Quel pomeriggio, il raduno con i partecipanti era direttamente all’aeroporto, Don Vincenzino aveva preparato tutto nelle valigie. I documenti di viaggio, fra i quali anche il biglietto aereo di qualche parrocchiano più anziano, erano messi a parte nel piccolo bagaglio a mano. Ebbene, una mezz’oretta prima di partire da casa, aveva preso e rivisto per l’ultima volta la carpetta: tutto era in ordine.

Arrivata l’ora della partenza, la casa affollata da parrocchiani che mandavano ai parenti in Australia gli ultimi saluti, caricate le valigie sull’auto del fratello Salvatore, Don Vincenzino saluta tutti e, finalmente, si avvia alla volta dell’aeroporto di Catania.

Il salotto di casa lentamente si comincia a svuotare, la cognata Maria rimette tutto a posto ma … scorge sul tavolo una carpetta piuttosto spessa e, dopo una fugace occhiata, si rende conto che si tratta dei documenti del viaggio aereo. Cosa fare, come fare … non si era certo ancora ai tempi dei telefoni cellulari! Esce fuori, in strada, c’era ancora qualcuno. Fra questi, Mario La Guzza, uno dei giovani di Azione Cattolica, che si mette subito a disposizione con la sua auto e, presa la carpetta, parte subito all’inseguimento dell’auto con Don Vincenzino: non lo raggiungerà. Gli consegnerà la carpetta direttamente all’aeroporto. Don Vincenzino, che nel frattempo aveva seraficamente raggruppato tutti i partecipanti e chiamato più volte l’appello, non si era ancora accorto di nulla e si stava già avviando al check-in!

Ancora una volta “l’Angelo Custode” della Parrocchia, cui lui si affidava ogni mattina, lo aveva assistito!

 


1987 - Un Parroco col pallino dei "Campi scuola".

Nel corso della sua attività pastorale, Don Vincenzino ha sempre spinto per la formazione esperienziale dei propri ragazzi/giovani, specie con le attività dei “Campi scuola” organizzati dall’Azione Cattolica, sia a livello parrocchiale ma, ancor più, a livello diocesano e nazionale.

Nei “Campi scuola” parrocchiali immancabile era la sua presenza: a Monciuffi, a Zafferana, a Sant’Alfio, a Milo, a Castiglione, a Vena, ad Acireale, a Santa Maria degli Ammalati, a Riposto, a Rovittello, al “Clan dei ragazzi” sull’Etna o, sempre sull’Etna, a “Piano Provenzana” quando ancora vi si arrivava con la strada in terra battuta, e così via …

La mattina, finita la Messa, subito in auto per scappare a trovare i propri ragazzi/giovani, magari portando un gelato o un po’ di frutta … e qualche sera, in maniera inversa, pernottando con loro e poi, di buon mattino, di nuovo in auto per andare a celebrare Messa in Parrocchia.

Ma il clou dei “Campi scuola” della Parrocchia “San Francesco di Paola” è stato senz’altro quello del “Trentino ‘87”, svoltosi fuori sede a Folgaria in provincia di Trento: una forte esperienza rimasta per sempre nei cuori dei giovani che vi hanno partecipato.

Un discorso a parte merita, ovviamente, il decennale scambio italo-tedesco con la Diocesi di Stoccarda: uno scambio fra i giovani della Diocesi di Acireale e Stoccarda a cura del S.E.Re.S diocesano di cui Don Vincenzino ne era Direttore e coordinato dall'allora Presidente di A.C. della Parrocchia "San Francesco di Paola" di Linguaglossa Claudio Guzzetta. E poi ancora il Raduno Nazionale/A.C. Roma 1997, Loreto 2004, la GMG di Colonia 2005, l’incontro con i bambini di I Comunione/Roma 2005, ecc.  ecc.  …

          Tornando al "Campo scuola/Trentino" dell'estate del 1987, la meta era stata proposta a Don Vincenzino dal Vicario Generale/Diocesi di Acireale Mons. Armando Magro che, nell’organizzare un pellegrinaggio diocesano, aveva avuto proposto un unico pacchetto comprendente anche un soggiorno a prezzi scontati in una baita-hotel sulle Dolomiti.

Don Vincenzino non se lo fece dire due volte e propose al vulcanico Presidente di A.C. parrocchiale Claudio Guzzetta di organizzare le due settimane del “Campo scuola/giovani” abbinate ad un viaggio-gita in pullman in Trentino … e così fu.

In men che non si dica si riuscì a riempire un intero pullman e, con Don Vincenzino in testa, il gruppo/giovani partì alla volta di Folgaria. Tappa intermedia, andata e ritorno, Roma: presso un motel vicino allo svincolo autostradale all'andata e presso l’accogliente struttura religiosa “Fraterna Domus” in contrada Sacrofano al ritorno.

Dal punto di vista meteorologico, quel fine agosto del 1987, come forse quasi tutti i fine-estate, non prometteva nulla di buono, almeno così le previsioni. Invece, tolto il solo giorno dell’arrivo a Folgaria (il secondo giorno di viaggio dopo la tappa del pernottamento nel motel nei pressi di Roma), il resto dei giorni furono davvero magnifici.

Il giorno della partenza, di buon mattino con i primi albori, subito dopo Piedimonte Etneo, appena arrivati dove la strada si affaccia sulla meravigliosa costa jonica, la comitiva, da sopra il pullman, si trovò davanti ad uno spettacolo naturale davvero affascinante: una scenografica e spettacolare alba. Una grossa pallida sfera cangiante fra il rosso, il rosa e il giallo con sfumature di grigio chiaro e celestino che si rispecchiava magnificamente su un calmo mare da Taormina, passando per il porto di Riposto, sino a Catania, con un taglio netto della linea dell’orizzonte e sullo sfondo la sagoma appena accennata della Calabria. E allora nacque l’espressione che poi diventò il leitmotive di tutto il viaggio A/R lungo la costa tirrenica: «… vadda che bellu u mari!»

Poi, più avanti, sulla Giardini/Messina (perché allora non c’era ancora lo svincolo di Fiumefreddo) il riflesso sfuggente delle luci gialle delle tante gallerie che si rifletteva, attraverso i vetri del pullman, sui volti di tutti i partecipanti e il continuo rumore dei copertoni sulle giunture dei cavalcavia facevano assaporare oltremodo il piacere della partenza, mentre ognuno di noi cercava di capire chi c’era seduto su quello o quell’altro posto … cercava di capire con chi poter permettersi una semplice battuta stupida e con chi no … cercava di legare di più con uno/a anziché con un altro/a … Ma in questo l’A.C. è pedagogicamente maestra: subito, già sul pullman, e il caso di dire "seduta stante", era già programmata un’attività di accoglienza che in men che non si dica ha permesso a tutti i partecipanti, ancor prima di arrivare all’imbarco per Villa S. Giovanni, di conoscersi meglio e intraprendere così nel migliore dei modi quell’inusuale campo scuola.

La sera dell’arrivo a Folgaria c’era, come già detto, maltempo.

Per andare alla baita/hotel, una volta oltrepassato Rovereto e arrivati a Folgaria centro, il percorso si faceva sempre più difficile: la strada si inerpicava sempre di più addentrandosi in un fitto bosco e, ad un certo punto del tragitto la carreggiata, che nel frattempo era diventata sempre più stretta da permettere a malapena in alcuni punti il passaggio del nostro pullman, si immetteva su un cavalcavia sopra il torrente “Rio Cavallo”, l’unico della zona, forse, a non essere in piena: dalle notizie che arrivavano da casa, infatti, avevamo saputo che il giorno precedente i telegiornali avevano parlato di maltempo e di fiumi in piena in tutto il Trentino.

Appena imboccato il cavalcavia, dentro quel folto e buio bosco, qualcuno, preso il microfono, cominciò con la seguente terrificante filastrocca: «Era una notte buia e tempestosa, quattro banditi aspettavano la diligenza quando uno di loro disse: Tom raccontaci qualcosa … e Tom incominciò. Era una notte … …»

(vai al link del Forum/Corriere.it ).

Poi, finalmente, ormai buio fitto, siamo arrivati all’hotel Mignon http://hotelmignonfolgaria.it. Un solitario dignitoso “due stelle” a conduzione familiare, posto su un vasto altopiano.

Dalla baita di Folgaria, intercalati a momenti di riflessione propri di un “Campo scuola”, la comitiva si muoveva per le varie escursioni: Rovereto, Trento, Verona, Lago di Garda, Sirmione, Venezia, il valico alpino di Passo Pordoy sulle Dolomiti con tanto di suggestiva esperienza in funivia, ecc. …

Indimenticabile il tour de force andata/ritorno in un solo pomeriggio da Folgaria a Madonna di Campiglio, per andare ad incontrare il Vescovo S.E. Mons. Malandrino, per pregare insieme al resto del gruppo diocesano nella moderna Chiesa di "Santa Maria Assunta", così come promesso a Mons. Magro in fase di programmazione/viaggio: affrontare quel viaggio, praticamente una toccata e fuga sobbarcandosi subito dopo pranzo, fra andata e ritorno, circa 5 ore di viaggio, fu una fatica piuttosto impegnativa, ma nessuno dei giovani si rifiutò al forte desiderio del proprio Parroco, per il quale l’unitarietà diocesana era uno dei principi essenziali nei quali si doveva identificare e rispecchiare la singola identità parrocchiale!

Memorabile sulla via del ritorno, quasi alla fine del viaggio sul traghetto Villa S. Giovanni/Messina, il gesto di affetto dei giovani a Don Vincenzino: tutti appoggiati alla ringhiera del traghetto, ad ammirare la Calabria che si allontanava sempre di più ma, forse, a pensare e ripensare di aver fatto, con quella bella esperienza, la storia della Parrocchia … un colpo d’occhio … e, dopo averlo accerchiato, tutti e cinquanta a sollevarlo di peso e lanciarlo in aria con tanto di «olè», come un riverente omaggio che sportivamente i giocatori di una squadra di calcio possono rendere al proprio allenatore! ... e stavolta, "l'allenatore di vita" era il proprio Parroco.

Più tardi, in occasione della XV GMG in quel di Tor Vergata alla fine dell’emozionante veglia di preghiera di sabato 19 agosto 2000, un sofferente ma entusiasta Giovanni Paolo II seduto su quella sedia seppur, data la tarda ora, ormai spossato, si mette a cantare e quasi a ballare agitando le braccia con gli oltre 2 milioni di giovani provenienti da tutto il mondo. Così li saluta alla fine:

C’è un proverbio polacco che dice: "Kto z kim przestaje, takim si? staje". Vuol dire: “Se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane”.

Questo era avvenuto a Don Vincenzino: era diventato giovane fra i giovani e da quella esperienza ritornava sicuramente ringiovanito nello spirito, quasi impersonando il principio del pittore post-impressionista francese Paul Gauguin sostenitore della tesi che “per diventare giovani ci vuole una vita intera”.

 

La misura di quanto abbia influito questa esperienza sui partecipanti al campo scuola di Folgaria è data dalle seguenti due foto:

1. Hotel Mignon – Folgaria.

2. Casa di uno dei partecipanti al campo scuola costruita a Linguaglossa qualche anno dopo.


Dagli anno '90 - L'immancabile saluto, alla fine della Messa, sul sagrato della Chiesa.

Nella seconda parte della sua attività pastorale, Don Vincenzino, forte anche dell'esperienza acquisita in giro per il mondo con i viaggi/S.E.Re.S. (Segretariato Emigrati), iniziò a salutare personalmente i fedeli alla fine di ogni Celebrazione liturgica.

Terminata la Funzione e intonato, in mancanza della presenza del coro, l'immancabile ritornello del canto di Marcello Giombini  "La Messa è finita"           (riportato a seguire),

   La Messa è finita

   Rit.:

La Messa è finita

ma Cristo rimane con noi,

con noi nella vita.

La Messa è finita.

 

scendeva dall'Altare e, anziché dirigersi in Sagrestia, con tutti i Paramenti sacri si avviava all'uscita della Chiesa, dove salutava tutti i fedeli intervenuti alla Celebrazione liturgica, uno per uno, soffermandosi con ognuno di loro con una parolina appropriata e cordiale.


Fine anni '90 - Alla riscoperta delle tradizioni del passato.

Alla fine degli anni ’90, Don Vincenzino, ripensando alla sua infanzia vissuta nella casa natale del quartiere “Case nuove” di Linguaglossa, la zona oggi intitolata alle città/capoluogo siciliane, si ricordò di un altarino votivo esistente all’inizio di via Santa Filomena, all’incrocio con via Roma, sulla attuale parete dell’abitazione della famiglia Gullo.

Nello spirito della riscoperta delle tradizioni del passato, si rivolse, allora, al prof. Mario Vecchio, insegnante di arte presso la locale scuola media nonché residente proprio in via Santa Filomena, incaricandolo di effettuare delle ricerche fotografiche e di raccogliere delle testimonianze da parte dei vecchi residenti del quartiere.

Il prof. Vecchio, in effetti, aveva iniziato a fare qualche ricerca ma poi tutto si era arenato per la difficoltà di raccogliere queste testimonianze.


1992 - La sagoma della Madonna sulla porta della sagrestia della Chiesa "SS. Annunziata".

All'inizio del "Mese di maggio" del 1992, durante il quale tutte le sere veniva e viene celebrata ancora oggi la Santa Messa in Chiesa "SS. Annunziata", sulla porta della sagrestia della Chiesa si verificò una cosa parecchio strana.

Che la Chiesa fosse piuttosto fredda e particolarmente umida, lo si sapeva già: l’umidità è tutt’oggi così intensa che, periodicamente, si forma della muffa sul pavimento, umidità di risalita nelle pareti, oppure ancora macchie sulla volta delle cappelle e della navata centrale  … ma quella volta l’umidità aveva intaccato anche la vecchia porta della sagrestia.

Con grande stupore generale, la macchia di umidità che si era venuta a formare sulla porta, corrispondeva alla sagoma della Madonna. Ancor prima che Don Vincenzino, se ne erano accorti i chierichetti che così si erano a lui rivolti: "la porta è tutta macchiata, sembra unta ed oliata, ha una parte più scura che assomiglia alla Madonna".

Era proprio così ... e vi rimase per lungo tempo.


1998 - Inseguito dal maltempo sulla Palermo/Catania.

Il quarantennale impegno diocesano di Responsabile/Se.R.E.S. portava periodicamente Don Vincenzino a girare in lungo e in largo per la Sicilia e, a volte, anche per altre Regioni, per partecipare a convegni, incontri, congressi, meeting, seminari e ancora a tavole rotonde, conferenze, riunioni, assemblee e raduni, ecc. … … sul tema dell’emigrazione, migrazione e immigrazione.

Andava spesso, con la propria auto, a Caltanissetta e a Palermo.

Non mancava mai agli incontri regionali nisseni indetti dal Vescovo locale S.E. Mons. Alfredo Maria Garsia, Presidente Nazionale, in seno alla CEI, della “Commissione Episcopale per le Migrazioni” (CEMi), oltre che Responsabile di settore delle Diocesi siciliane: intensa la corrispondenza epistolare fra i due.

In una di queste occasioni, di ritorno da Palermo, in compagnia del giovane parrocchiano Giuseppe Curcuruto, Don Vincenzino, con la propria FIAT-127, si trovò a guidare sulla PA/CT col tempo che non prometteva nulla di buono.

Da Palermo, prima della partenza, gli avevano detto che le previsioni per la serata non erano delle migliori e gli avevano consigliato di pernottare in loco … ma lui aveva detto di no poiché, la mattina seguente, aveva degli importanti impegni parrocchiali ai quali non poteva mancare!

Questo, qualche giorno dopo, il suo racconto: appena partiti da Palermo, ci siamo trovati sotto una pioggia torrenziale. Ma, usciti dalla città, oltre il Viale della Regione Siciliana, aveva smesso di piovere, anche se il cielo, eravamo già all’imbrunire, era alquanto buio. Con Giuseppe abbiamo deciso di continuare. Dietro di noi il cielo era ancora più buio! Siamo andati avanti in una autostrada quasi del tutto deserta e, ad un certo punto, prima che diventasse del tutto buio, Giuseppe guardando dietro, verso Palermo esclamò: “Patri Di Mauru, ma na ddi muntagni dda arreri, è tuttu iancu, stà nivicannu!”

Arrivati all’altezza di Enna anche noi abbiamo incontrato qualche fiocco di neve, ma la strada era ancora in perfette condizioni. E intanto, dietro, in lontananza, si intravedevano lampi e tuoni.

Finalmente, una volta arrivati nei pressi di Catania ci siamo sentiti come se fossimo già a casa.

Infine, sulla Catania/Messina la situazione era decisamente migliore.

Praticamente Don Vincenzino, quella sera, era stato l’ultimo automobilista a percorrere la PA/CT, poiché, dopo il suo transito, l’autostrada era stata chiusa per allerta meteo (maltempo e forti nevicate) … ma il maltempo e l’abbondante neve lo avevano inseguito senza mai raggiungerlo, dandogli la possibilità di guidare su una strada perfettamente transitabile, in modo da poter arrivare tranquillamente a Linguaglossa per ottemperare, l’indomani mattina, ai propri impegni di Parroco!

L'Angelo Custode della Parrocchia lo aveva letteralmente “guidato” in quel lungo tragitto da Palermo a Linguaglossa, proprio davanti al maltempo che avanzava alla stessa velocità dell’auto.


2002 - L’oro e le Reliquie del Santo Patrono S. Egidio.

Don Vincenzino è stato il depositario dell’oro votivo e degli oggetti sacri (Mitra e i due Pastorali/Bastoni miracolosi) del Santo Patrono di Linguaglossa Sant’Egidio, ancor prima che gli venisse affidata l’Arcipretura della Matrice, nel 2003.

Tutti ricordano l’infausto accaduto dell’estate 2002 quando, dalla Canonica della Chiesa Madre, fu trafugato tutto l’oro votivo e gli oggetti sacri del Santo Patrono.

Purtroppo l’allora Arciprete, sottovalutando il pericolo, non si era adoperato nel giusto modo per la messa in sicurezza dei locali parrocchiali.

Fu subito avviata dalle forze dell’ordine una fitta e incalzante indagine a tappeto su tutto il territorio.

Dopo qualche settimana, per la gioia del popolo linguaglossese, furono ritrovati la Mitra e i due Pastorali/Bastoni, uno donato da Mons. Cento, l’altro quello miracoloso. Nulla si seppe più della grande stola su cui era cucito tutto l’oro votivo … stola che, comunque, fu immediatamente ripristinata dalla grande generosità dei linguaglossesi.

La grande stola che oggi viene messa al collo della statua è infatti una stola del tutto nuova: l’oro fu raccolto, in quell’estate del 2002, subito dopo il ritrovamento degli oggetti sacri, durante una solennissima e affollatissima funzione in Chiesa Madre.

L’oro raccolto non fu tutto cucito sulla nuova stola: una parte fu accantonata poiché nella nuova stola, per quanto grande fosse, non c’era più posto! L’oro rimanente, fino al 2010 era conservato in un sacchetto a parte in attesa di ulteriori decisioni.

Alla fine dell’estate 2002, con una Conferenza Stampa ufficiale presso la Sala di Rappresentanza del Comune di Linguaglossa, presenti le Autorità civili, militari e religiose, tutto fu riconsegnato dall’Arma alla Chiesa locale … ma non all’Arciprete del tempo bensì a Don Vincenzo Di Mauro, Parroco della Parrocchia “San Francesco di Paola” che, da un’indagine svolta dai Carabinieri di Linguaglossa, risultava al momento, con i locali parrocchiali messi in piena sicurezza, essere l’unico in grado di poter conservare l’oro del Santo.

Accanto a Don Vincenzino, a ricevere il tutto, c’era il nipote Egidio Di Mauro che, di fatto, in quell’occasione fu il reale consegnatario dell’oro del Santo da parte dei Carabinieri di Linguaglossa: il prof. Egidio Di Mauro è stato l’unico custode depositario dell’oro del Santo per ben 8 anni, dal 2002 al 2010.

“Tutto questo è stato per me un grande ed immenso onore”, dice Egidio Di Mauro. “Avere non solo la responsabilità della custodia ma la possibilità di poter tenere nelle proprie  mani, oltre l’oro votivo, la Mitra e il Bastone miracoloso di Sant’Egidio mi hanno fatto compenetrare oltremodo del compito affidatomi tanto da farmi fortemente emozionare ogni volta che, con lo zio Don Vincenzino, in occasione dell’annuale festività del 1° settembre, dovevamo consegnare gli oggetti sacri alla Commissione dei festeggiamenti”.

In seguito Don Vincenzino, nel suo periodo di Arcipretura in Matrice (2003 – 2010), fece mettere in sicurezza, così come aveva fatto per i locali della Chiesa “San Francesco di Paola”, anche i locali della Chiesa Madre.


Dal 2003 - Avanti e indietro, lungo la via Roma, dalla Chiesa di "S. Francesco" alla "Matrice".

Quando nel febbraio del 2003 gli venne affidata l’Arcipretura della Chiesa Matrice, per don Vincenzino fu come ringiovanire: cominciò un “tour de force” che, pur di non tralasciare nessuna funzione delle due Parrocchie, lo portò a rincorrere gli orari da una Chiesa all’altra (“S. Francesco” e “Matrice”), dalla piazza Municipio, lungo la via Roma, alla piazza Matrice e ritorno, da far invidia al migliore dei maratoneti!

Più in la, invece, Don Vincenzino cambiò strategia e allora cominciò a cercare passaggi in auto al parrocchiano/paesano di turno al momento più disponibile che certamente non si tirava mai indietro alle sue richieste.

Fatto sta, comunque, che lui riusciva ad arrivare sempre in tempo per le varie celebrazioni!


2003 - Spostamento dell’Altare Maggiore e valorizzazione della pavimentazione della Chiesa Madre.

Nel febbraio del 2003, appena nominato Arciprete in Chiesa Madre di Linguaglossa, Don Vincenzino, pur nel rispetto della visione conciliare (Vaticano II) del suo predecessore e con l’intenzione di mettere in luce la parte del pavimento della Chiesa rimasta a lungo nascosta poiché coperta da una grande pedana (la “crociera” corrispondente all’incrocio della navata centrale col transetto), riportò l’Altare Maggiore sul Presbiterio, sulla parte rialzata all’interno della balaustra: il giusto luogo preposto ad essere occupato dal celebrante e dai ministri durante le funzioni.

Così facendo, rese di nuovo visibile la splendida pavimentazione marmorea riportante l’intarsio della quarta stella grigia a 12 punte, di dimensioni poco più piccole delle altre tre della navata centrale e all’interno di un riquadro di colore marrone, lo stesso colore dei 5 scalini che immettono all’intera Abside.


2004 - "Miracolato” in un incidente d’auto.

Pochi si sono accorti che l’ultima auto che ha avuto Don Vincenzino, la Renault-CLIO grigia, ad un certo punto ha avuto una targa diversa: in effetti non era più la stessa auto, ma un'auto simile! Era il 24 giugno del 2004.

Con la Renault CLIO grigia di prima, don Vincenzino era stato coinvolto in un serio incidente stradale sull’autostrada Catania/Messina all’altezza di (Km 64+900) e l’auto era stata ridotta ad un ammasso di lamiera in parte accartocciata su se stessa. Questo il suo racconto dell’incidente:

“Mentre guidavo ho sentito uno botto (ndr: possibilmente lo scoppio dello pneumatico posteriore-lato guida) e, dallo specchietto laterale, ho visto del fumo dietro. Ho cercato di frenare. Dopo qualche secondo sarà sopraggiunta un auto che mi ha tamponato da dietro. All’impatto con l’altra vettura, una Mercedes di grossa cilindrata, lo schienale si è completamente abbassato all’indietro creando una specie di lettiga e l’auto ha cominciato a girare orizzontalmente su se tessa: mi sono sentito dolcemente cullato come se fossi nelle braccia del mio Angelo Custode.

Quando, dopo diversi giri, l’auto si è fermata, mi sono alzato e sono sceso.

L’altra auto, una Mercedes di grossa cilindrata, si era fermata un po’ più avanti: il signore che la guidava, un certo signor Di Bella, era già al telefono per chiamare i soccorsi. Si è avvicinato molto spaventato e mi ha chiesto come stavo, ma io l’ho subito rassicurato. Poi mi sono girato a guardare la mia auto e ho visto che era del tutto distrutta!”

L'auto aveva invaso la corsia di sorpasso, andando a sbattere contro il guardrail alla sinistra della carreggiata per poi riattraversare in diagonale la stessa carreggiata verso destra, andando a sua volta a sbattere nuovamente contro il muretto a destra, al di là della corsia di emergenza, arrestando la sua corsa fermandosi in direzione opposta al normale senso di marcia.


2008 - Riconoscimento visivo tramite la rete web.

L’ultimo viaggio di Don Vincenzino in Australia è stato effettuato nel 2008, in occasione della 23^ GMG (Giornata Mondiale dei Giovani) tenutasi a Sydney dal 15 al 20 luglio di quell’anno: la seconda GMG a vedere la partecipazione del Papa Benedetto XVI, dopo quella di Colonia/2005.

Il gruppo, guidato dall’allora Vescovo di Acireale S.E. Mons. Pio Vittorio Vigo, era formato oltre che da diversi giovani di Linguaglossa, anche da parecchi seminaristi.

Il giorno dell’arrivo del Papa, giovedì 17 luglio, anche lì come a Colonia in battello attraverso la baia di Sydney per poi sbarcare a Darling Harbour, ci fu la celebrazione eucaristica nell’ippodromo di Randwick, con la partecipazione stimata di circa 350.000 persone.

In quell’occasione i Sacerdoti avevano il lasciapassare per potersi sistemare a concelebrare nel settore vicino l’altare del Papa.

I controlli erano ovviamente rigidi e rigorosi: ogni sacerdote doveva essere munito di documento di riconoscimento. Ebbene, Don Vincenzo, per un disguido, quel giorno non aveva con se nessun documento … come fare?

Subito, un lampo di genio pervade la sua mente.

Lui, già quasi ottantenne, pensa a una cosa che forse un prete giovane non avrebbe mai considerato: la rete internet!

… si ricorda che il M° Antonio Di Francesco aveva creato e curava da qualche anno il sito della Parrocchia “Santa Maria delle Grazie” di Linguaglossa e proprio lì c’era una pagina con la storia e le relative foto dei Parroci che si erano susseguiti alla guida della Matrice fino ai giorni nostri e, quindi, c’era anche la sua foto!

Fatto sta che, grazie al riconoscimento tramite/sito, alla fine Don Vincenzino era seduto in prima fila, proprio accanto all’altare dove celebrava il Papa Benedetto XVI.


2010 - L’ultimo funerale celebrato da Parroco in “San Francesco”.

Qualche giorno prima che Don Vincenzino lasciasse il suo incarico nelle Parrocchie linguaglossesi, venne a mancare la signora Maria Damiano/Gullo.

La signora Maria era da sempre stata impegnata in Parrocchia, col compito della gestione del corredo parrocchiale, oltre che catechista e coordinatrice dei turni di pulizia della Chiesa e dei locali parrocchiali: in qualche modo aveva continuato l’opera delle signorine Castrogiovanni che, da testamento, hanno lasciato la casa di vico dei Paolotti alla Chiesa, poi destinata a “Casa dell’AC”.

Don Vincenzino celebrò quel rito funebre in "San Francesco", l'ultimo da Parroco, forse già a conoscenza della decisione del Vescovo sulla conclusione del suo mandato di Arciprete /Parroco per limiti di età canonica.

Fu una celebrazione fortemente sentita in Parrocchia, la signora Maria era molto conosciuta, la Chiesa era affollata e l’omelia, col senno di poi, fu quasi un testamento da parte di Don Vincenzino che centrò il suo intervento sul servizio gratuito e disinteressato verso gli altri … verso gli ultimi, sul dono senza pretese di ricompense, sul volontariato fatto di semplici gesti quotidiani come slancio libero che certamente non aspetta onori e glorie.

Alla fine si soffermò su due modi diversi di intendere il servizio con le parole del Vangelo.

Col Vangelo di Matteo (4, 18-22): Mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.

E poi ancora col Vangelo di Marco (10, 16-30): Mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?» …  Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.

Dopo qualche tempo, in un incontro di Azione Cattolica cui Don Vincenzino era stato invitato dall’allora Presidente Parrocchiale Anna La Guzza, presente tutta l'Associazione per rendere omaggio al proprio vecchio Parroco nonché Assistente di Associazione, la signorina Ciccina Barone,  anche lei da sempre una colonna della Parrocchia “San Francesco”, responsabile, fra l’altro, della raccolta annuale pro-seminario, così si rivolse a Don Vincenzino: “Patri Vicenzu, iò vulissi un funerali celebratu di ossia, comu chiddu ca ci fici a Maria”.

Don Vincenzino sorrise e rispose che se il Buon Dio avesse voluto, nuovo Parroco permettendo, lui avrebbe sicuramente esaudito la sua richiesta: così non è stato poiché la signorina Ciccina è venuta a mancare nell’autunno del 2017, più di 5 anni dopo Don Vincenzino.


2010 - Piena fiducia nel Consiglio Pastorale Parrocchiale.

I Consigli Pastorali Parrocchiali sono ormai degli organismi che operano a pieno regime in tutte le Parrocchie, specialmente dopo la promulgazione, nel 1983, del nuovo Codice di Diritto Canonico durante il Pontificato di Papa Giovanni Paolo II.

Prima, da questo punto di vista, la maggior parte delle Parrocchie erano piuttosto deficitarie.

Nella Parrocchia “San Francesco di Paola”, come in tante altre Parrocchie, suppliva egregiamente a ciò il Consiglio di Azione Cattolica che, sposando appieno lo spirito della propria Associazione, era interamente di supporto e sostegno alla vita parrocchiale.

Appena, però, le direttive diocesane cominciarono a martellare sull’argomento, Don Vincenzino, già nella seconda metà degli anni ottanta, si era adoperato per la costituzione di questo importante organo laico, riuscendo a coinvolgere tante persone che, diversamente, sarebbe stato veramente difficile coinvolgere.

Piena la fiducia, quindi, da parte di Don Vincenzino a questo importante organo delle due Parrocchie, puntualmente riunito e rinnovato secondo le scadenze: l’ultimo rinnovo era stato nel 2009, l’anno liturgico precedente al suo “pensionamento”.

E proprio ai due Consigli Pastorali Parrocchiali aveva affidato l’annuncio dell’avvicendamento col nuovo Parroco/Arciprete, cercando in loro calore ed affetto.

“Non lasciatemi solo!”, il suo primo pensiero esternato con chi considerava la sua grande famiglia: la “Matrice” e la “San Francesco”.

Quel sabato 20 febbraio era una fredda serata invernale e il giorno prima, in fretta e furia, tutti i membri dei due Consigli eravamo stati convocati in Chiesa Madre per la visita straordinaria dell’allora Segretario del Vescovo Mons. Guglielmo Giombanco, oggi Vescovo di Patti, sede a sua volta, di uno dei predecessori di Don Vincenzino all'Arcipretura della Chiesa Madre di Linguaglossa: il linguaglossese Mons. Giovanni Previtera.

Il Vescovo, ci aveva detto Don Vincenzino convocandoci, è fuori sede, ecco perché verrà il suo Segretario: ci sono delle comunicazioni urgenti.

Lo zio, in effetti, qualche tempo prima, si era confidato con me, esternandomi non tanto stanchezza e affaticamento, cose che io davo per scontate, quanto piuttosto una certa preoccupazione a non riuscire più, superati gli 80 anni, ad essere efficiente e dinamico come prima.

Aveva così concluso: se riesco, cercherò un momento per confrontarmi anche con Mons. Giombanco. Per il resto, mi affido, come sempre, nelle mani del Vescovo e, se necessario, stringerò i denti e andrò avanti!

Le sue preoccupazioni evidentemente furono ascoltate e, in maniera forse alquanto repentina, si arrivò all’avvicendamento comunicato quella sera in maniera ufficiale ai due Consigli Pastorali proprio da Mons. Giombanco.

Lo zio, anche in questa occasione, così come aveva fatto per l’investitura ad Arciprete nel 2003, quel pomeriggio mi aveva anticipato confidenzialmente la cosa, dicendosi contento della presenza del giovane Mons. Giombanco in quanto molto affabile e comprensivo.


2010 - Dalla sua casetta una meditazione sugli alberi e la natura.

L’ultimo se pur breve periodo della sua vita lo ha visto ammirare e, forse, tramite questo contemplare Dio, il maestoso albero della piazzetta Pretura davanti alla sua piccola abitazione in via P. Scuderi: l'albero di “Ginkgo biloba”, uno degli alberi più antichi al mondo le cui origini risalgono a circa 250 milioni di anni fa, piantato qualche anno prima in quella piazzetta in seguito al restauro della pavimentazione a cura dell’Amministrazione comunale del tempo su progetto dell’artista Giuseppe Cristaudo.

Ogni anno, con i primi freddi, le verdi foglie dell’antico albero cambiano “abito” e si tingono gradatamente di un bel color oro davvero unico: assumono una tonalità così luminosa di giallo che unita alle loro caratteristiche forme tipiche a ventaglio, le rendono alquanto decorative e ornamentali!

Don Vincenzino usava raccoglierne alcune per conservarle nel cassetto della sua scrivania.

Ma Don Vincenzino non era nuovo a questa tipologia di meditazione: durante la sua vita, infatti,  ha sempre avuto ammirazione per l’ambiente agricolo/rurale … d’altra parte, quando il proprio padre ritornò definitivamente a Linguaglossa dagli Stati Uniti, dove era stato in emigrazione per motivi di lavoro, portò avanti la famiglia con il proprio lavoro nelle sue campagne.  Abitando, lui, con i genitori, in famiglia si respirava, quindi, questa tipica atmosfera!

In particolare gli alberi, con la loro struttura e la loro forma, lo avevano costantemente affascinato.

Durante una “Pasquetta” degli anni settanta, trascorsa come sempre con i suoi giovani in campagna, seduto su un muretto ammirava assieme a questi il paesaggio e ad un certo punto si soffermò su un grande albero i cui lineamenti si vedevano chiaramente in lontananza: vedete, diceva, la natura con gli alberi compie costantemente un capolavoro di bellezza … la rotondità della chioma di quell’albero è così ben fatta che nessun contadino con la propria potatura potrebbe sistemarla meglio!


2010 - Il mancato viaggio negli USA.

Nell’estate del 2010, finito il suo mandato nelle parrocchie linguaglossesi, Don Vincenzino aveva pensato bene di recarsi in una terra che, forse, aveva un po’ trascurato: gli Stati Uniti d’America, dove, a differenza di altri luoghi (Australia, Germania, Svizzera, ecc. …) vi si era recato solamente una volta nel lontano 1966.

Anche lì, oltre a diversi parenti, molti sono gli emigrati linguaglossesi che, all’arrivo della notizia, lo aspettavano tutti a braccia aperte.

Biglietto fatto, con l’ausilio di una agenzia locale, dopo aver sentito il pilota/Alitalia Mario Papa: il volo era stato scelto in base ai turni del pilota linguaglossese che, durante il trasvolata oceanica, ottenuti i dovuti permessi, lo avrebbe invitato in cabina di pilotaggio.

Mario Papa, assieme ai suoi fratelli, aveva trascorso la sua infanzia a Linguaglossa sotto la tutela di Don Vincenzino ed Egidio Papotto.  A Linguaglossa Mario si era ben integrato e faceva parte della prima squadra di calcio. Durante una partita aveva ricevuto diversi punti di sutura alla testa perché, quel giorno in panchina, esultando per un gol si era alzato di scatto e aveva sbattuto la testa nella tettoia!

Circa dieci giorni prima della partenza, tutto pronto, di sera tardi Don Vincenzino si sente male: sono i primi sintomi della malattia che lo porteranno ad un continuo decadimento/fisico fino al suo ritorno alla Casa del Padre del 23 febbraio del 2012. Viene chiamato il 118 e Don Vincenzino finisce al pronto soccorso di Giarre (a quella data ancora funzionante).  Lui, al solito, non si perde d’animo e rigira la cosa sotto un positivo punto di vista: “mi hanno detto che mi terranno qui almeno una settimana. Meglio così, in questa maniera è come se facessi un bel chec-kapp medico prima di partire per gli Stati Uniti!”

Alla fine della degenza i medici sconsigliarono vivamente il viaggio e Don Vincenzino, anche se a malincuore, vi dovette rinunciare.


2011 - L'attesa e l'incontro con il nuovo Vescovo.

Nell’estate del 2011, come tutta la Comunità cristiana della Diocesi di Acireale, anche Don Vincenzino era in preghiera e in attesa per l’arrivo del nuovo Vescovo successore di S.E. Mons. Pio Vittorio Vigo.

Lui, già indebolito e fiaccato dalla malattia, seguiva costantemente le vicende sul giornale diocesano “La voce dell’Jonio” e quando finalmente, il 26 luglio del 2011, ci fu l’annuncio del nuovo Vescovo, esultò e gioì della cosa.

Qualche tempo dopo, nell’autunno dello stesso anno, il nuovo Vescovo, nell’intendo di conoscere tutti i sacerdoti della Diocesi e sapendo della malattia, preannunciò una sua visita a casa di Don Vincenzino a Linguaglossa.

Grande fu la gioia di Don Vincenzino, esultò alquanto nel suo intimo e subito cominciò a prepararsi mentalmente: “la tunica … la tunica talare, la dobbiamo lavare e stirare, perché voglio farmi trovare dal nuovo Vescovo seduto in salotto”.

Purtroppo, da qualche mese, la mancanza di forze lo aveva costretto a letto.

Arrivato il giorno prefissato della visita, Don Vincenzino indossò la veste talare e si fece aiutare a sedersi in salotto. Purtroppo il Vescovo non arrivò: a quanto pare c’era stato un malinteso nella comunicazione da parte della Curia e l’appuntamento non era per quel giorno!

Con tanta delusione Don Vincenzino smise la veste talare e ritornò a letto.

Il pomeriggio dell’indomani, alla stessa ora dell’appuntamento del giorno prima, suonano alla porta: era il Vescovo S. E. Mons. Antonino Raspanti.

Evidentemente l’appuntamento era per il giorno dopo e, stavolta, Don Vincenzino era rimasto a letto senza poter indossare la veste talare cui teneva tanto.


2012 - Un dono postumo al Santo Patrono Sant'Egidio.

Oltre alla collana del Battesimo (con Crocifisso e Medaglietta) donata nel 1952, alla sua ordinazione sacerdotale, a “S. Alfio” venerato nella Chiesa di “San Francesco di Paola” di Linguaglossa, Don Vincenzino aveva un’altra collana simile che gli era stata regalata dai suoi genitori qualche anno dopo l’ordinazione.

Questa collana, proprio come segno di riconoscenza verso i propri genitori, Don Vincenzino la portava sempre al collo: l’aveva tolta solo nelle occasioni dei ricoveri ospedalieri degli anni ’80 e ’90.

La tolse, consegnandola al nipote Egidio per custodirla, nell’occasione di uno degli ultimi ricoveri in clinica Morgagni, nell’autunno del 2011: purtroppo, non ebbe più l’opportunità di rimetterla.

Quando la mattina del 23 febbraio del 2012 venne ricomposta la salma con i paramenti sacri (la stola regalata nel lontano 1977 dal proprio padre Don Puddu Di Mauro in occasione del 25° di sacerdozio -la madre era già venuta a mancare 5 anni prima- e la casula regalategli dalla comunità parrocchiale nel 2002 in occasione del 50° di sacerdozio) i nipoti tutti decisero di non fargli indossare la sua collana ma di donarla al Santo Patrono Sant’Egidio.

Infatti, in occasione della Santa Messa di suffragio nel trigesimo dalla sua morte, in data 25 marzo 2012, alla fine della celebrazione vespertina domenicale, la collana venne donata pubblicamente al Santo Patrono.


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