Don Vincenzino e gli emigrati


-Lo Giudice Salvatore:

Padre Di Mauro: il mio/nostro Parroco che, ancora giovanissimo, era già Parroco, oltre che dei residenti in Linguaglossa, anche dei paesani emigrati e sparsi per il mondo.


Scambio fra i giovani della Diocesi di Acireale e della Diocesi tedesca di Stoccarda. Col Vescovo S.E. Mons Giuseppe Malandrino. Nella foto anche gli artefici dello scambio: Claudio Guzzetta (Italia) e Antonio Lo Bello (Germania).
Scambio fra i giovani della Diocesi di Acireale e della Diocesi tedesca di Stoccarda. Col Vescovo S.E. Mons Giuseppe Malandrino. Nella foto anche gli artefici dello scambio: Claudio Guzzetta (Italia) e Antonio Lo Bello (Germania).

       Don Vincenzino, figlio, nipote e fratello egli stesso di emigrati, ha dedicato una grossa fetta della sua vita pastorale ai parrocchiani emigrati all'estero: Nord-Italia, Svizzera, Germania, Belgio, Inghilterra, Stati Uniti, Argentina, Venezuela, Australia ... ... ... e ai migranti provenienti dal Continente africano.

Questa sua attenzione non è sfuggita ai vertici della Diocesi di Acirerale: sin dagli anni '70 sotto il Vescovato di Sua Ecc. Mons. Bacile, ha ricoperto ininterrottamente sino al 2010 la carica di Direttore dell'Ufficio Se.R.E.S. (Segretariato Regionale dell'Emigrazione Siciliana) della Diocesi di Acireale.

E' stato più volte in visita pastorale, oltre che al nord-Italia, in Svizzera, Germania, Stati Uniti, Australia ... ... sia da solo che, a volte, con la pienezza dello Spirito Santo dei Vescovi Mons. Malandrino, Mons. Gristina e Mons. Vigo, per incontrare le comunità degli emigrati e far sentire loro l'affetto della terra lontana.

Epocale la visita dell’estate 1970 in Germania. Don Vincenzino venne accolto con ardore ed entusiasmo in un clima di euforia generale: qualche settimana prima l’Italia calcistica aveva vinto la semifinale dei mondiali di calcio messicani proprio contro la Germania dell’Ovest per 4 a 3 in quella che era stata definita la partita del secolo (Jahrhundertspiel).

Anche Don Vincenzino, insieme al fratello Salvatore, quel fatidico 17 giugno a casa aveva fatto notte, incollato davanti a quel televisore in bianco e nero, per vedere l’ormai leggendaria partita. Ma è proprio lì, in Germania, che si rende conto dell’enorme svolta data da quell’avvenimento: gli italiani in Germania all’improvviso non si sentivano più dei perdenti e discriminati ma dei “vincitori”. Un cambio di passo che in breve tempo permise alle due culture di contaminarsi: gelaterie e caffè all’aperto cominciarono a spodestare le birrerie chiuse e fumose; pasta e olio di oliva iniziarono a scalfire, sulle tavole tedesche, la supremazia di patate, burro e margarina.

Proprio in questo contesto più sereno e disteso Don Vincenzino poté meglio operare con la sua azione pastorale in collaborazione con la M.C.I. di Dortmund (Missione Cattolica Italiana) dove, dal 1975 al 1989, avrà come riferimento diretto il Direttore bresciano Don Sergio Fappani, poi rientrato in Diocesi.

Memorabili, inoltre, gli incontri annuali itineranti estivi del 27 luglio con gli emigrati immancabilmente in vacanza in Sicilia per visitare innanzitutto i propri genitori oltre che i parenti e gli amici.

Al Centro Sociale a pranzo con gli extracomunitari marocchini.
Al Centro Sociale a pranzo con gli extracomunitari marocchini.

Man mano che passavano gli anni, l'azione pastorale di Don Vincenzino, sempre pronto a leggere i segni dei tempi, cominciò a diventare di più ampio respiro e la finalità dell'accoglienza fu orientata anche ai migranti provenienti dall'Africa, per i quali il nostro territorio cominciava ad essere una meta prescelta.

Ecco allora che, ancor prima della preghiera universale organizzata nell'ottobre del 1986 ad Assisi dal Papa San Giovanni Paolo II, Don Vincenzino cominciò a rivolgere la sua azione di accoglienza alla folta colonia di marocchini presente a Linguaglossa e dintorni: indimenticabile la preghiera ad Allah e a Dio in cerchio, a Linguaglossa nel piazzale del Centro Sociale/Oratorio oggi a lui dedicato, con arabi e cristiani che si tenevano insieme per mano ... e dopo la preghiera, tutti a tavola a mangiare "cous-cous"  e "salsiccia e cauliceddi", classico piatto arabo il primo e prettamente siciliano, invece, il secondo, anche se alcuni extracomunitari, in quella occasione, preferirono il piatto alternativo vegetariano con verdure di campagna e parmigiana. Il tutto per una auspicata integrazione fra popoli di lingua e cultura diversa.

Don Vincenzino, quindi, baldo antesignano, pioniere e precursore dei tempi.

Egidio Di Mauro


In un tempo di estremo egoismo ed egocentrismo tornacontista, con l’esposizione di uno striscione a Roma riportante la scritta "Bergoglio come Badoglio. Stop immigrazione”, di domenica scorsa (12/05/2019) durante l’Angelus del Pontefice col quale si intendeva contestare le numerose prese di posizione del Papa in favore dei migranti, incluso il discorso sui porti chiusi in occasione dell’ultima Via Crucis;
Di contro, col gesto generoso quanto azzardato del cardinale Konrad che ha riallacciato la corrente elettrica nella emergenza venutasi a creare sempre a Roma;
Penso di fare cosa opportuna nel ricordare lo zio Don Vincenzo Di Mauro per poter riflettere sul tema dell’accoglienza dell’altro, tema che lui ha, senza dubbio, interpretato con lo spirito del canto/GEN VERDE “I Ponti”.
Con profondo piacere questo tema è stato ripreso, ricordando la figura di Don Vincenzo, dalla testata diocesana "La Voce dell'Jonio".  Acireale, 14/05/2019

Ecco il LINK:

http://www.vdj.it/ricordo-don-vincenzino-di-mauro-amante-degli-emigrati-e-precursore-dei-tempi/

Commenti all'articolo de "La Voce dell'Jonio":

 

Prof.ssa Rita Lo Turco 

Ricordo con quanta disponibilità e gentilezza mi ha accolto nella sua Parrocchia per mettere a mia disposizione il materiale in suo possesso sull’emigrazione linguaglossese in relazione a un mio progetto sull’intercultura avviato e portato a termine con gli alunni della Scuola media di Linguaglossa.

Mai dimenticherò la bontà, la dolcezza e la mitezza del caro Padre Di Mauro!

 

Prof. Domenico Grasso 

Ricordo le sue iniziative annuali nella qualità di responsabile diocesano migranti. 

Da amministratore del comune sono stato invitato diverse volte a queste iniziative svolte in diversi comuni della diocesi. Facevo sempre di tutto per andarci perché a parte gli argomenti, mi ripagava la gioia che leggevo nei suoi occhi sia per la valenza delle varie iniziative che per l'orgoglio di sentire la presenza istituzionale del comune di nascita, di residenza e dove svolgeva il suo ministero. Anche se dovevo essere io che avrei dovuto ringraziare Lui per quello che mi ritornava in termini di crescita personale e di umanità.

 

Prof. Nunzio Raineri

Spesso Padre di Mauro organizzava questi incontri con gli extracomunitari residenti a Linguaglossa: faceva preparare il pasto a loro stessi e mi invitava a pranzare insieme a loro. La foto evidenzia uno di questi incontri a cui ho partecipato ben volentieri, in qualità di Sindaco esprimendo la volontà cittadina di piena collaborazione con il Reverendo Padre Di Mauro, esempio di accoglienza ed amore filiale nei confronti dei nostri fratelli a prescindere della religione o altro. Begli esempi per Linguaglossa.

 


Pellegrino fra gli emigrati in Australia (1977).

Sydney, Brisbane, Melbourne, Adelaide, Perth.

 

Don Vincenzino ha fatto della meta australiana una tappa quasi ciclica della sua azione pastorale.

Tutti i viaggi sono stati viaggi di gruppo: di volta in volta si accodava a lui, per andare a trovare il figlio, il fratello o il cugino, una folta schiera di parrocchiani e non … persone che, da sole, non sarebbero mai partite per mancanza di intraprendenza o, forse, per incapacità a viaggiare da sole!

Ma, con il loro Parroco in testa e, a volte addirittura in compagnia del Vescovo, trovavano le risorse e il coraggio di affrontare quella lunga maratona in aereo per andare nell’altra parte del mondo!

Un’azione di ricucitura e riavvicinamento, quindi, fra persone che, probabilmente, nell’arco della loro vita, non si sarebbero mai più incontrate. 

Fra i vari viaggi, quello del 1977 coincise con il 25° anniversario del suo sacerdozio.

 

Queste le parole con le quali Don Vincenzino si è rivolto, a Sydney, alla Comunità lingua­glossese residente in Australia il 31 luglio del 1977, durante la concelebrazione Eucaristica con i Padri Missionari del luogo: un’affollata celebrazione pie­na di immensa spiritualità e, a tratti, vissuta con le lacrime agli occhi.

 

“...Voi avete esultato alla notizia della mia venuta; mi avete aspetta­to e ricevuto quale Sacerdote del Si­gnore. Io voglio riaffermarvi che mi sforzerò, per l'avvenire, ad essere un vero uo­mo di Dio che si dona per gli altri.”

 

Toccante il momento della pre­ghiera dei fedeli, dove molti hanno pregato per i loro congiunti di Lin­guaglossa e per il 25° anniversario di quel Sacerdote che, comunque, consideravano ancora il loro parroco: Padre Di Mauro.

Una gara di premure eccezionale; tutti avevano da manda­re a dire qualcosa ai parenti, un salu­to, un bacio ai genitori lasciati al paese, un abbraccio alla tomba dei propri cari rimasti in Patria … Don Vincenzo a tutti rispondeva con commozione, di tutti portava i sa­luti.

Padre Di Mauro pellegrino tra gli emigrati in Australia: un'avven­tura di fede, di amore per i parroc­chiani emigrati, una consolazione per la lunga fatica iniziata tanti anni prima con la partenza dall’Italia per una terra sconosciuta.

Una esperienza irri­petibile. Irripetibile il calore, l'affet­to, la simpatia di cui è stato circondato durante quei 50 giorni di visite, di incontri, di celebrazioni eucaristiche, di entusiasmante partecipazione.

Chi non lo ha potuto sentire dalla viva voce, lo ha ascol­tato alla radio australiana nella trasmissione di Salvo Lampuri, dove Don Vincenzino ha lanciato un pressante appello alla preghiera. Così concludeva:

 

«... in voi non c'è solo uno scontato benessere, ma pulsa anche un cuore tanto nobile da conservare e coltivare la sensibilità dell'accoglienza e dell’ospitalità. Ritornando a Linguaglossa, non avrò altro modo di ricambiarvi se non con il raccontare quanto bene mi volete e, vedendo i vostri familiari, parti­colarmente se mamma e papà, rivedrò in loro ciascuno di voi e sarò per loro il figlio che voi siete. Con l'augurio di risentirci e rivederci, dove e come vuole il Signore, accettate l'invito di camminare sempre con Gesù che, in ogni parte del mondo, è la Vita, la Via e la Risurrezione.»

 


Nei viaggi australiani degli anni ’70 e ’80 Don Vincenzino ha avuto modo di incontrare in Australia anche due Primi Ministri (Malcom Fraser e Bob Hawke) e due Arcivescovi di Sydney (James Darcy Freeman ed Edward Bede Clancy).

I primi due a Camberra, presso la vecchia sede del Parlamento, gli Arcivescovi presso la sede Arcivescovile al n. 133 di Liverpool Street, al centro di Sydney.

Il Primo Ministro australiano Malcom Fraser (1975-1983).
Il Primo Ministro australiano Malcom Fraser (1975-1983).

L'incontro col Primo Ministro Malcom Fraser eletto nel 1975 – resterà in carica fino al 1983 – fu  un incontro fortemente voluto da Don Vincenzino che già, parecchi mesi prima della partenza, aveva avviato tutto l’iter burocratico col Consolato italiano. Il Primo Ministro Fraser aveva colpito l’attenzione di Don Vincenzino per le sue idee, appoggiando l'abolizione dell'apartheid in Sudafrica e garantendo asilo a molti rifugiati di Timor Est in lotta per la loro indipendenza dal Portogallo prima e dall’Indonesia dopo – la totale indipendenza sarà tuttavia raggiunta solo nel recente 2002.

Ma quello che più aveva suscitato l’interesse di Don Vincenzino era stato l’appoggio che il Primo Ministro stava dando al multiculturalismo favorendo, in campo radiotelevisivo, il multilinguismo, cosa molto apprezzata anche dagli italiani ivi residenti. E fu proprio questo, diceva lo zio, uno dei principali argomenti affrontati durante il colloquio con tanto di protocollo e interpreti ufficiali. Dal canto suo, Don Vincenzino, portò al primo Ministro un documento con la descrizione della situazione degli italiani in Australia, dove veniva fatto risaltare il consistente apporto di quest'ultimi alla economia locale. Fra i due seguì, per diversi anni, una discreta corrispondenza epistolare e fu proprio questa, negli anni ’80 a rendere possibile l’incontro, sempre a Camberra, con il Primo Ministro Bob Hawke successore di Fraser.

Il Primo Ministro australiano Bob Hawke (1983-1991).
Il Primo Ministro australiano Bob Hawke (1983-1991).

Questo secondo incontro che, in effetti, non era stato programmato, fu possibile solo grazie alla proposta dell’ormai ex Primo Ministro Fraser che Don Vincenzino, una volta giunto in Australia, era riuscito a contattare.

Fu proprio Fraser, che nel frattempo aveva concluso la carriera politica rompendo ogni rapporto col partito, a proporre l’incontro col nuovo Primo Ministro, anche se, gli fece notare, di partito diverso dal suo. Fraser, infatti, aveva fatto parte del Partito Liberale, mentre Hawke era espressione del Partito Laburista.

Bob Hawke, che vincendo quattro elezioni consecutive passerà alla storia, anche se dimissionario per l’ultimo mandato, come il premier australiano laburista più longevo (1983-1991), accolse Don Vincenzino con una certa curiosità: “voglio proprio vedere chi è questo Parroco italiano del quale così bene me ne ha parlato al telefono il caro Malcolm”. Queste le prime parole del colloquio con Don Vincenzino. Colloquio che andò avanti per circa un’oretta sempre presso la vecchia sede del Parlamento australiano di Camberra, la nuova sede, infatti, sarà inaugurata dopo qualche anno, ufficialmente aperta dalla Regina Elisabetta II nel 1988.

Sul tavolo della discussione “l’integrazione degli emigrati in Australia” che il Primo Ministro Hawke seguì con tanta attenzione: nel suo intervento conclusivo, il Primo Ministro fece notare che il suo programma politico prevedeva già una attenzione particolare per gli Aborigeni ma che, con i suoi collaboratori, avrebbe certamente fatto in modo di integrare la propria azione politica con l’attenzione ad una integrazione più generalizzata verso gli immigrati.

 

Cardinale James Darcy Freeman, Arcivescovo di Sydney dal 1971 al 1983.
Cardinale James Darcy Freeman, Arcivescovo di Sydney dal 1971 al 1983.

L'incontro con il Cardinale James Darcy Freeman, Arcivescovo di Sydney dal 1971 al 1983 anno in cui si ritirò per raggiunti limiti di età, nominato Cardinale nel 1973 da Papa Paolo VI, fu programmato da Don Vincenzino con l’apporto di S.E. Mons. Pasquale Bacile, a quel tempo Vescovo della Diocesi di Acireale.

Mons. Bacile che da tempo aveva già potuto apprezzare l’operato di Don Vincenzino nel settore emigrazione, alla richiesta di quest’ultimo di programmare un gemellaggio con l’Arcidiocesi di Sydney in occasione del suo viaggio in Australia non se lo fece dire due volte: diete subito incarico alla Curia di avviare i contatti e preparò una lettera pastorale per il Cardinale Darcy Freeman che consegnò nelle mani di Don Vincenzino.

Una volta in Australia, per il giorno prefissato, Don Vincenzino si recò all’appuntamento nell’Arcivescovado di Sydney: “sono stato sballottato da un ufficio ad un altro, passando da una sala d’attesa all’altra, quasi come se fosse una caccia al tesoro, con la meta sempre irraggiungibile o, forse, inavvicinabile … sembrava fossi nelle stanze del Vaticano!”  Questo il primo commento ai propri parenti al ritorno dall’appuntamento.

Il Cardinale si è mostrato con me alquanto gentile, modesto e ospitale. Sentivo di essere in presenza di un uomo veramente buono. Dopo aver consegnato la lettera di Mons. Bacile, che lui si fece subito leggere dall’interprete, abbiamo parlato degli italiani a Sydney e in particolar modo dei siciliani.

Lui mi parlò di come era difficile operare in una terra così variegata ove più culture, anche molto differenti l'una dall'altra, convivevano mantenendo ognuna la propria identità. Mi accennò anche che, da una statistica di qualche anno prima, l'Arcidiocesi di Sydney al termine dell'anno 1968, su una popolazione di 2.200.000 persone e 200 Parrocchie, contava solamente circa 635.000 battezzati, corrispondenti a meno del 30% del totale, mentre le percentuali europee erano attestate su ben altri livelli! E poi continuò dicendo che se avessimo sfogliato l’elenco telefonico di Sydney, sotto la voce “Churches and other places of worship” (Chiese ed altri luoghi di culto) ci saremmo inoltrati all’interno di un arduo percorso contenente una miriade di terminologie religiose del tutto inimmaginabile per gli europei. Decine di pagine fitte fitte che raccolgono tutte le fedi del mondo. Si va dalla A di “Anglicans” per arrivare, attraverso  l’intera gamma delle religioni, alla Z di “Zoroastrians” … per non parlare poi della voce “Other Congregations” (Altre congregazioni).

Non solo ecumenismo, concluse, qui il problema è innanzitutto di carattere sociale per cui la soluzione prioritaria resta l’integrazione generale.

Mi rassicurò, infine, sulla sua attenzione ai cristiani di origine italiana ed elogiò in particolar modo la calorosità dei siciliani, fra i fedeli gli unici a perseverare nella venerazione dei Santi della propria terra di origine, come ad esempio il culto di Sant’Alfio. La cosa mi rallegrò alquanto.

Chiudemmo con la preghiera: Mt 25, 40. Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.

Salutandomi mi disse “May Christ always accompany you” (Che Cristo ti accompagni sempre) e mi comunicò che avrebbe personalmente provveduto a rispondere per iscritto a S.E. Mons. Bacile.

 



L'Industria tessile "Bellora" di Gallarate (VA).
L'Industria tessile "Bellora" di Gallarate (VA).

Don Vincenzino e i suoi giovani di Gallarate

 

Agli inizi degli anni ’70 pervenne in Diocesi una proposta/richiesta da parte di un’industria tessile lombarda. Si trattava della famiglia industriale Bellora di Gallarate/Varese: una industria tessile che ha poi chiuso i propri battenti a mettà degli anni ’80, lasciando il passo ad un mosaico di imprese attive in mille campi. Ieri, in quel del Viale Leonardo Da Vinci, il cotone, oggi una miriade di artigiani creativi, officine, cooperative e tante agenzie di formazione e comunicazione con una grande attenzione soprattutto al mondo del web, insomma una “piazza” di creatività e di eventi.

La “Bellora”, uno stabilimento di circa 1800 persone era il centro del commercio di cotone e tessuti di mezzo mondo, non era solamente una fabbrica dove, fra l’altro, si lavorava a ciclo continuo, era un universo intero: stabilimento, case per gli impiegati e palazzine per gli operai, mensa e teatro sociale, dopolavoro, campi da bocce e giochi all’aperto per bambini. Tutto era raccolto tra Viale Leonardo Da Vinci e la via privata che porta il nome degli industriali del cotone. Tutto costruito dai Bellora, che sì, pensavano al loro profitto da imprenditori, ma che avevano un occhio di riguardo anche per i lavoratori.

Interpretando al meglio l’esigenza dei suoi giovani e rassicurato sul fatto che questi non sarebbero stati trattati come “carne da macello”, Don Vincenzino colse al volo la proposta e, rafforzando quello che ormai si delineava essere una delle sue principali argomentazioni da affrontare e risolvere nel corso della sua vita pastorale – l’emigrazione e la disoccupazione giovanile – portò la proposta/richiesta in Parrocchia: una folta schiera di giovani linguaglossesi, cresciuti all’ombra della Parrocchia trovò così, anche se lontano dalla propria terra, una sistemazione economica definitiva.

L'Industria tessile "Bellora" di Gallarate (VA).
L'Industria tessile "Bellora" di Gallarate (VA).

Corsi e ricorsi storici: anche oggi come allora ci si trova, per mancanza di lavoro, al centro di una forte emorragia di giovani in uscita da Linguaglossa.

Don Vincenzino non abbandonò ovviamente questi giovani emigrati al Nord/Italia. Al pari di tutti gli altri parrocchiani sparsi per il mondo, si tenne con loro in contatto e li andò a trovare più volte.

Per alcuni di loro celebrerà in loco anche le nozze.

Ogni visita, ogni vacanza giù in Sicilia, ogni incontro di Don Vincenzino con questi ragazzi  diventava motivo di informazione, di voler sapere, di ragguaglio, di aggiornamento, insomma, di tutto un po’! … e se non vedeva i ragazzi chiedeva ai genitori, agli zii, ai nonni.

Le notizie che arrivavano erano confortanti. Questi i racconti.

Il cotonificio copre l’intera filiera con i suoi stabilimenti: il cotone diventa filato nelle vicine fabbriche di Albizzate e Somma Lombardo poi, nell’enorme fabbrica di via Leonardo Da Vinci, diventa tessuto. Il tessuto viene anche stampato. Che fatica. A volte, da quel reparto/stamperia, usciamo tutti imbiancati!

In stamperia ci sono dei cilindri giganteschi in rame, ma da qualche tempo è arrivata una nuova stampatrice orizzontale, capace di stampare ben 70.000 metri di tessuto al giorno.

Ci raduniamo spesso nel dopolavoro e cominciamo a conoscerci un po’ tutti. Qui, oltre che leggere, guardare la Tv, giocare a carte o a bocce, c’è anche la possibilità di fare teatro oppure sport: calcio e ciclismo.

Questo partire, questo tagliare il cordone ombelicale con la propria terra, questo emigrare ha molto segnato la vita di quei giovani. A tal proposito, nel 1977, scrive in versi da Firenze Pippo Mazza, un giovane di A. C. emigrato anch’egli negli anni ’70:

…“E i tuoi giovani?

Tu li hai visti nascere, tu li hai visti crescere …

E quando stai per vincere c’è un treno che ti strappa

i figli tuoi

e resti con le madri a piangere e a sperare

che per le vie del mondo li illumini il Signore!”

e poi continua nel 2010:

… “Sarà festa, oggi,

per le strade del mondo

col pensiero dei tuoi figli lontani.

Stretti nell’abbraccio dei ricordi,

gioie e dolori tenui affioreranno.”

Inaspettata quanto gradita una visita di Don Vincenzino nel milanese della prima metà degli anni novanta.

Quel viaggio era stato programmato per la Germania con tappa intermedia Milano. Don Vincenzino faceva parte di un comitato diocesano: l’appuntamento era direttamente in aeroporto, dove vi si era recato autonomamente in auto che aveva posteggiato nel parcheggio a lungo termine … ma di questo ne parliamo dopo.

Alla partenza, non si trova la carta d’identità. Grazie alla presenza di altri confratelli che facevano parte del comitato diocesano ma, specialmente, grazie all’apporto di una parrocchiana addetta alle operazioni di partenza che si prende l’impegno, una volta preso il documento a Linguaglossa, di farlo arrivare a Milano col primo volo dell’indomani mattina, a Don Vincenzino permettono l’imbarco per Milano.

Purtroppo il documento non arriverà in tempo. Il volo Catania/Milano della mattina successiva, il cui pilota aveva preso direttamente in carico il documento, fece ritardo e Don Vincenzino rimase a Milano: il documento gli servì, comunque, per il ritorno!

Mentre il Comitato diocesano portava a compimento la propria missione in terra tedesca, Don Vincenzino effettuò una visita pastorale in terra milanese e dintorni accolto, ovviamente, a braccia aperte.

Per il ritorno MI/CT si riaccodò alla comitiva tedesca con la quale avrà tutto il tempo per socializzare le proprie esperienze dei giorni milanesi, oltre che farsi aggiornare sul soggiorno in Germania.

Atterrati a Catania, dopo essersi salutati, ognuno dei membri del comitato si avviò per far ritorno alle proprie case. Don Vincenzino si recò presso il parcheggio a lungo termine, dove aveva lasciato l’auto. Già, ma dove l’aveva posteggiata? Il parcheggio era davvero ampio ed era ormai notte inoltrata! Don Vincenzino non si perse d’animo. Scartata l’idea di telefonare ai nipoti, si avvicinò alla cabina dei custodi: erano in due. Uno di loro però stava andando via perché aveva già finito proprio turno di lavoro. Alla richiesta di quel sacerdote in difficoltà il custode tentennò un po’ … ma dopo qualche istante si rese disponibile: prese la propria auto e iniziò, assieme a Don Vincenzino, il “tour” per tutto il parcheggio.

Questa non è … quest’altra neanche … questa sembrava … questa si, no, la targa è diversa …

Si continua con tanta pazienza e il custode, che alla fine aveva preso a cuore l’ansia di quel prete, a rassicurarlo: non si preoccupi ora la troviamo …

Finalmente, erano già trascorsi circa 20 minuti, la soddisfazione del “ritrovamento”: Qui, questa è.

Solo allora il custode spiegò per bene a Don Vincenzino come fare per non dimenticare il settore del posteggio. Ma non ve ne fu bisogno poiché, al parcheggio, era praticamente diventato di casa: le volte successive, lasciava l’auto all’ingresso e al ritorno gliela andavano a prendere! 

 


 

 

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